sabato 25 settembre 2021

LA COSTITUZIONE TRADITA










Le norme della Costituzione andavano rispettate, non cambiate. Cambiarle è stato un tradimento.


I più alti esponenti del mondo della cultura politica, giuridica e storica unitamente ai massimi responsabili delle istituzioni, a partire dagli anni ’70, hanno sempre sostenuto che la Costituzione Italiana andava riformata perché non adeguata alle nuove esigenze della società. Non hanno mai voluto dire che le norme costituzionali non hanno funzionato perché non sono state rispettate.

Riprendendo la riflessione sull’art 49 Cost. e sullo stato della democrazia nel nostro Paese vorrei proporre una rapida lettura di un libro “tascabile” (190 pagine) pubblicato nel gennaio 1988, da LATERZA: “Un’altra Repubblica? Perché come quando”.

Si tratta di una raccolta di 24 saggi dei più famosi docenti di diritto costituzionale, scienza politica, sociologia, storia delle istituzioni. Tra i quali, Paolo Armaroli, Augusto Barbera, Norberto Bobbio, Aldo Bozzi, Gianfranco Miglio, Giorgio Galli, Gianfranco Pasquino, Roberto Ruffilli. L’insieme dei saggi in esame, come osserva nella prefazione il presentatore della raccolta Jader Jacobelli, meritava di essere considerato come un “gran consulto” di “medici” il cui responso offriva preziose indicazioni al Parlamento della X Legislatura, nata dalle elezioni del 1987, che secondo la stampa dell’epoca veniva salutata come “quella delle riforme” (o addirittura della Grande Riforma).

In questo articolo vorrei riferire qualche mia riflessione sul primo dei saggi su indicati scritto dal Prof. Armaroli che ha per titolo: “I paradossi della nostra “democrazia”. Il testo si apre con queste parole: “Un’altra Repubblica? Già due Repubbliche si sono succedute in Italia in questi quarant’anni. La prima è quella che hanno disegnato i padri fondatori della Costituzione tra il 1946 e il 1947 con pazienza certosina, e che è rimasta per buona parte sulla carta. La seconda, invece, è quella edificata dalla classe politica, mattone su mattone, in tutti questi anni, e che assomiglia alla prima come la scimmia all’uomo”.

L’autore in parola dunque mette subito, e correttamente, in risalto che esiste la Repubblica disegnata dai Costituenti che “è rimasta sulla carta”, ossia non ha avuto pratica attuazione.

E nello stesso tempo ci lascia pensare che la Repubblica che egli definisce “prima”, non avrebbe bisogno di riforma dato che la paragona all’immagine dell’uomo rispetto a quella della scimmia. Poi afferma che la Repubblica da lui definita “seconda”, quella che assomiglia alla scimmia, ha invece un urgente bisogno di essere riformata.

L’autore passa quindi ad esporre varie considerazioni sui vantaggi e sugli svantaggi che storicamente hanno offerto i sistemi costituzionali “parlamentari” o “presidenziali” in Italia e in altri paesi.

Chi legga con un po’ di attenzione coglie subito l’incongruenza nel discorso su indicato.

Osserviamo. Se è vero che la seconda Repubblica nei quarant’anni che vanno dal 1948 al 1988 è stata edificata “dalla classe politica” in violazione del disegno dettato dai Costituenti allora è vero che esiste un solo problema: che la classe politica cessi dal violare le norme della Costituzione e provveda con la massima sollecitudine a riparare i danni prodotti dalle violazioni alla comunità nazionale.

Detto in parole povere. Se le regole del gioco sono buone e i giocatori non le hanno rispettate non si tratta di cambiare le regole, ma di fare in modo che i giocatori le rispettino.

Il Prof. Armaroli descrive con queste parole i guasti causati dal mancato rispetto delle norme dettate dai Costituenti: “I partitanti hanno occupato come un esercito invasore, tanto la società quanto le istituzioni. La partitocrazia ha fatto “tabula rasa”. Sia al centro sia alla periferia, sono saltati tutti i controlli, tutte le garanzie. I cittadini sono ridotti a valvassini alla ricerca di protezioni necessarie se non per il pane, sicuramente per il companatico. La questione morale, certo e non da oggi è all’ordine del giorno. E ancora. Il Parlamento conta come il due di briscola, manovrato com’è dalla ristretta cerchia dei soliti burattinai. Il Governo è fatto e disfatto al di fuori di ogni logica istituzionale.”

Ci permettiamo ora di osservare che il Prof. Armaroli dopo aver affermato che la responsabilità dei guasti su descritti andava addebitata ai “partitanti”, ossia a coloro che avevano abusato del loro potere nella gestione dei partiti, non spende una parola per spiegare: a) le ragioni per le quali detti “partitanti” abbiano potuto operare senza incontrare ostacoli; b) che nella Costituzione esiste un preciso articolo che dispone, sinteticamente ma chiaramente, in merito al corretto agire dei partiti, l’art. 49.

Osserviamo ora che il Prof Armaroli invece che proporre, coerentemente con le proprie premesse, al mondo della politica e ai cittadini tutti la cessazione delle violazioni della legalità costituzionale procede poi sviluppando una serie di ipotesi di riforma delle regole del gioco della “seconda” Repubblica come se la “prima” già non esistesse più e non fosse più possibile ristabilirne il rispetto e la corretta attuazione.

Purtroppo è necessario dire che anche gli altri saggi del libro in esame sono tutti rivolti alla ricerca di proposte di riforma della Costituzione allo scopo di instaurare una “seconda” Repubblica disegnata, tra l’altro, prendendo a modello diverse costituzioni “straniere”.

Come dicevo sopra, questo dibattito sulle riforme costituzionali, era già in atto da oltre dieci anni e in tutto questo periodo i grandi nomi del mondo accademico, i vertici del mondo politico e istituzionale, e soprattutto i detentori del “quarto potere”, quello dei grandi mezzi di comunicazione, avevano già instillato nella mente degli italiani la convinzione che la Costituzione italiana era inadeguata alla realtà sociale e doveva necessariamente essere riformata.

Allo scrivente, che nel 1988 stava svolgendo il mandato di Senatore in quella X Legislatura (dalla quale l’opinione dominante si aspettava la Grande riforma) sarà permesso di testimoniare che egli, si è sempre impegnato, per quanto ha potuto, di introdurre in quel dibattito la seguente tesi o opinione. La Costituzione scritta dai Padri è stata scritta bene in tutti i sensi: ha dettato norme buone e giuste, e in un linguaggio comprensibile anche per i non esperti di diritto. Prima di pensare a cambiarla è assolutamente necessario, ed è anche “obbligatorio”, per tutti i cittadini ai sensi dell’art. 54, osservarne puntualmente le norme.

Purtroppo oggi, settembre 2021, dobbiamo prendere atto che da quel lontano 1988 il dibattito è passato dal piano teorico all’attuazione pratica. E ha effettivamente portato a “riforme” che hanno sfigurato completamente il disegno Costituzionale originario. Riforme che, come tutti possono constatare coi loro occhi, non solo non hanno recato nessun rimedio ai guasti prodotti dal cattivo funzionamento delle istituzioni, ma anzi li hanno pesantemente aggravati. Lo diciamo con grande dolore. Siamo convinti che non esagera chi, riprendendo la metafora dell’Armaroli, dovesse dire che “questa odierna Repubblica” (sia essa seconda o terza) assomiglia alla prima come il coccodrillo all’uomo.

Per ora ci fermeremo qui. Di quanto è accaduto dopo il 1988 alla nostra Repubblica parleremo, se ne avremo l’opportunità, in prossimi articoli.

Giorgio Pizzol

 LA COSTITUZIONE TRADITA 



Nessun commento: