martedì 28 dicembre 2021

Calycantus

 

Attraversando questo grigio freddo
col pensiero una domenica mattina
errava la solitudine immiserita
sopra i comignoli
lapidi di sentimenti
con i loro nomi ben scritti

quanto tempo ancora
prima di poterli
piangere dentro

la macina lavora
lavora
infrange i sogni
ma i nomi no
li terremo incisi nella memoria
senza inutili ornamenti

c'è un fiore che quasi non si vede
nell'inverno
ma il suo profumo è sacro
ci riporta immancabilmente
un anno nuovo
e lì
i sogni e i nomi ci attendono insieme

 

(Giorgio Pizzol Le stagioni del presente 1991- Premio letterario de Il Gazzettino 30.5.’93 Concorso Internazionale di Poesia "Città di Venezia" 17° Edizione)

 

 

sabato 25 dicembre 2021

E in terra pace agli uomini di buona volontà

Perché no?

Una decina di anni fa acquistai in una libreria specializzata in libri religiosi “IL NUOVO TESTAMENTO - VANGELI E ATTI DEGLI APOSTOLI” Paoline Editoriale Libri – 1997.
Qualche tempo dopo, consultando il celeberrimo passo del Vangelo di Luca 2,14 mi trovai di fronte a questo testo:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama”
Le parole “agli uomini che egli ama” mi risultavano assolutamente incredibili. Io ricordavo di aver sempre letto e sentito pronunciare dalla Chiesa cattolica in tutte le sedi solenni e non solenni: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”
Presi in mano immediatamente il mio vecchio testo (regalatomi da un mio caro amico seminarista) EVANGELIA QUATTUOR GRAECE ET LATINE – SEI 1955. In Lc. 2,14 lessi:
      a) In latino Gloria in altissimis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis.
      b) In greco: Δόξα ἐν ὑψίστοις θεῷ καὶ ἐπὶ γῆς εἰρήνη ἐν ἀνθρώποις εὐδοκίας. (traslitterazione approssimativa: Doxa en hupsitois theo kai epì ghes eirene en antropois eudokias)
Il testo in latino non presentava dubbi e poteva essere tradotto in italiano soltanto con: “e in terra pace agli uomini di buona volontà”
Poi aprii il mio vecchio vocabolario di greco e provai a tradurre il testo b).
La parola chiave era “εὐδοκίας” (eudokias).
Non sono un esperto traduttore o filologo, ma volevo provare a tradurre personalmente. Il vocabolario così definiva eudokia: benevolenza, volontà, volere. Il vocabolo eu in greco è un avverbio che notoriamente significa bene.
Dunque una traduzione strettamente letterale di tutto il passo potrebbe essere questa: Gloria nelle parti più alte (del cielo) a Dio e sulla terra pace negli uomini di volontà buona (o anche che vogliono il bene; o anche ben intenzionati).
In conclusione la traduzione dal greco in latino ad opera di San Girolamo, per quanto si poteva capire consultando il dizionario, era ineccepibile.
Nello stesso tempo mi risultava ancora più difficile capire per quale motivo gli autori del testo su citato del 1997 avevano tradotto il passo in questione con le parole: “pace in terra a coloro che egli ama”.
È notorio che San Girolamo (347- 420), era un profondissimo conoscitore sia del greco che del latino e che fu incaricato della traduzione dei Vangeli dal Papa.
Ciò osservato, da oltre dieci anni sono alla ricerca di qualche esperto che mi spieghi i motivi della modifica del passo del Vangelo in questione.
Non credo che gli autori della traduzione abbiano operato alla leggera e tuttavia sento la necessità esporre loro, sinceramente, l’opinione che la loro traduzione mi sembra davvero inopportuna e, oserei dire, fuorviante rispetto al messaggio evangelico di cui parliamo.
Non si tratta di un problema di linguistica o di filologia, si tratta del problema dell’interpretazione autentica del messaggio fondamentale del cristianesimo contenuto nelle frasi di cui parliamo.
Sul punto osserverei.

I)
Le schiere degli angeli che appaiono ai pastori nei pressi della capanna dove era nato il Salvatore annunciano per la prima volta il messaggio pronunciando le parole riportate nel versetto Lc. 2,14: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. (per la vecchia traduzione)
Secondo il modestissimo parere di chi scrive, il messaggio è rivolto a agli uomini di buona volontà di tutto il mondo senza distinzione di credo, di nazionalità, di condizione sociale o personale.
Né poteva essere altrimenti se si pensa che in quel momento nessuno era “cristiano” in quanto la predicazione di Gesù doveva ancora attendere trent’anni. Ma in questa estensione del messaggio a tutti gli uomini di qualsiasi “nazione” sta anche la peculiarità del cristianesimo rispetto all’ebraismo. L’ebraismo è una religione che vuole restare circoscritta ad un solo popolo (il popolo eletto di Israele). Il “nuovo messaggio” appare invece rivolto fin dall’inizio a tutti gli uomini.
Si tratta di un messaggio che parla contemporaneamente di buona volontà e di pace. In base ad esso è possibile sperare che gli uomini potranno vivere in un mondo in cui regna la pace come risultato di un agire conforme a “buona volontà”.
La buona volontà diventa così la premessa della nuova fede. "Buona volontà" e "buona fede" sono in definitiva sinonimi. Ed è facile passare dal concetto di “buona fede” al concetto di “fede buona” (e giusta).
Naturalmente quelle sopra esposte sono opinioni personali del tutto discutibili e criticabili. E tuttavia a che scrive sembra che esse trovino una conferma in un testo che si richiama proprio al rapporto fra buona volontà e pace. Mi riferisco all’ enciclica "Pacem in terris" di Papa Giovanni XXIII. Questo documento al paragrafo conclusivo recita: “Infine per tutti gli uomini di buona volontà, destinatari anch’essi di questa nostra lettera enciclica imploriamo dal sommo Iddio salute e prosperità”.
II)
La traduzione nuova: "Pace in terra a quelli che Dio ama" oltre a risultare non conforme (a nostro parere) alla lettera e al significato enunciato nel testo del Vangelo in lingua greca rende il messaggio di significato ambiguo e forse anche fuorviante.
Qualcuno potrebbe interpretare l’annuncio degli angeli come augurante la pace “soltanto agli uomini che Dio ama”. E con ciò potrebbe pensare che, già al momento della nascita del Salvatore, sussiste una divisione dell’umanità in due categorie: quella degli “uomini che Dio ama”; e quella degli “uomini che Dio non ama”.
Secondo questa interpretazione gli uomini che si ritengono appartenenti alla prima delle due categorie si sentono necessariamente “in guerra” con gli appartenenti alla seconda. E qui non può non venirci in mente quel pensare che ha concretamente causato una serie guerre spaventose che hanno preso il via dal motto: "Dio è con noi".
Non diremo che questa interpretazione sia inevitabile e tuttavia ci si consentirà di osservare che le parole non la escludono.
Ribadiremo che tutto quanto sopra esposto è soltanto opinione del tutto discutibile, anzi discutibilissima. Ma proprio per questo ci si permette di chiedere che una discussione sia aperta.

sabato 18 dicembre 2021

Preparano un placida notte



Preparano una placida notte
passi sicuri del loro presente
scoprono
che sono
che vanno senza fuggire
il ristoro del freddo
la grande speranza
del tramonto di viola
 
sulla neve delle cime
sfuma il viola del tramonto
il mondo
le montagne
si gonfiano di pace
 
come una prora lucente
uno spicchio di luna
naviga il sereno
 
e io ti penso
ti penso
 

  • (Giorgio Pizzol Le stagioni del presente Premio letterario de Il Gazzettino 30.5.’93 
  • Concorso Internazionale di Poesia “Città di Venezia” 17° Edizione)

 

sabato 4 dicembre 2021

Versi sciolti

Questa è la raccolta dei versi rimasti nel cassetto dopo la selezione per la pubblicazione di stagioni del presente. A questa raccolta viene dato il titolo Versi sciolti                                                                                  Link VERSI SCIOLTI ed 2021



venerdì 3 dicembre 2021

Quale vita quale gioia senza l'aurea Afrodite














Per il poeta Mimnermo di Colofone (650 a.C.) la vita ci offre pochi piaceri, magari intensi, ma sempre di breve durata; per il resto la vita è sofferenza. Questa è la condizione umana in tutti i luoghi e in tutti i tempi.

Τίς δὲ βίος, τί δὲ τερπνὸν ἄτερ χρυσέης Ἀφροδίτης;

Τεθναίην, ὅτε μοι μηκέτι ταῦτα μέλοι,

κρυπταδίη φιλότης καὶ μείλιχα δῶρα καὶ εὐνή,

οἷ᾿ ἥβης ἄνθεα γίνεται ἁρπαλέα

ἀνδράσιν ἠδὲ γυναιξίν

 

Quale vita quale gioia senza l’aurea Afrodite

che io possa morire quando non avrò più desiderio di queste cose:

un amore segreto, e i dolci doni e il letto.

Questi sono i fiori meravigliosi della giovinezza

per gli uomini e per le donne

                                                        Mimnermo fr. 1D (650 a. C.)  

Il tema si ritrova praticamente in tutte le opere di letteratura sia in poesia che in prosa e anche in tutte le opere di filosofia. La vita ci offre pochi piaceri, magari intensi, ma sempre e di breve durata; per il resto la vita è sofferenza. Questa è la condizione umana in tutti i luoghi e in tutti i tempi.

Dalla presa di coscienza di questa condizione  nascono tante correnti di pensiero (filosofico, letterario, religioso) che tentano di dare "un senso" al fatto che nella vita dell'uomo la sofferenza  prevale di gran lunga sulla gioia.

La mia discutibile opinione sul punto è la seguente. Per quanto possano presentarsi come diverse tra loro, tutte le correnti di pensiero (già pensate e pensabili) sostengono soltanto due tesi che rispettivamente affermano: 

  • -il senso si trova all'interno di "questa" vita in questo mondo (tesi dell'immanenza) ; 
  • -il senso si trova "al di fuori", al di là, di questo mondo (tesi della trascendenza).

Qui per ora il nostro discorso si ferma osservando che il poeta Mimnermo è per la tesi dell'immanenza. E  questo lo fa soffrire perché deve constatare che la giovinezza coi suoi dolci doni, passa in un attimo, per gli uomini e per le donne (ἀνδράσιν ἠδὲ γυναιξίν).

(Appunti 1960) 

V. https://blog.oggitreviso.it/dia-blog/noi-



siamo-come-le-foglie/